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Lotto 61 - Asta 46

Cerchia di Michelangelo Merisi, detto il Caravaggio (Milano, 1571 - Porto Ercole, 1610)
I giocatori di carte (I bari)
Aggiudicazione:
20.000,00 EUR
Numero offerte:
1

Offerte

Stato lotto:
Asta chiusa

Descrizione

Cerchia di Michelangelo Merisi, detto il Caravaggio (Milano, 1571 - Porto Ercole, 1610)

I giocatori di carte (I bari)
Olio su tela, cm 92x124. Con cornice antica
Il dipinto è accompagnato da uno studio del Prof. Pierluigi Carofano e dalle indagini fisiche effettuate dalla Diagnostica per l’Arte Fabbri di Davide Bussolari. L’opera è inoltre corredata della xerocopia di parte del carteggio intercorso nel 1960 tra l’antico proprietario e Roberto Longhi.
Pubblicato da Pierluigi Carofano nel 2013 in occasione della mostra Il giuoco al tempo di Caravaggio, il nostro dipinto è una copia coeva di altissimo livello del celeberrimo dipinto di Caravaggio ricordato da Giovan Pietro Bellori, oggi conservato presso il Kimbell Art Museum di Fort Worth e noto universalmente, sebbene in modo lievemente fuorviante, come “I bari”. Si tratta di un soggetto che ottenne largo successo presso i seguaci di Caravaggio, tanto italiani quanto stranieri, come attesta l’abbondanza di opere di soggetto analogo eseguite nello stile del maestro dalla cerchia di pittori aderenti a quella che lo stesso Bellori ebbe a qualificare come manfrediana methodus. A dispetto della sua fortuna successiva, questo soggetto in pratica non ha eguali nella produzione di Caravaggio, il quale, allo stato delle nostre conoscenze, sembra non essere più ritornato sul tema dopo quella pur felicissima prova giovanile, solitamente datata intorno al 1596, nonostante l’abbondanza di copie che di essa furono realizzate nei decenni successivi. Il destino del dipinto appare così in tutto simile a quello delle numerose altre sortite compiute da Caravaggio durante i suoi primi anni romani nell’ambito della ‘pittura di genere’, destinata a uscire definitivamente dal suo orizzonte in coincidenza con le prime grandi commesse pubbliche, che produssero un clamore senza precedenti sulla contemporanea scena artistica romana e determinarono la definitiva e totale conversione dell’artista alla pittura “di storia”. Sempre Bellori ci informa che il dipinto fu comprato dal Cardinale del Monte, “che per dilettarsi molto della pittura ridusse in buono stato Michele, e lo sollevò dandogli luogo honorato in casa fra suoi gentilhuomini”. L’opera può essere così posta in relazione con la Buona Ventura della Pinacoteca Capitolina, di misure analoghe e anch’essa proveniente dalla mirabile collezione del Cardinale.
Della versione che qui si presenta non è nota la provenienza ab antiquo. Sappiamo, in compenso, che essa fu oggetto di un interessantissimo scambio epistolare risalente al 1960 tra il vecchio proprietario e Roberto Longhi, allora come oggi venerato studioso di Caravaggio. Sappiamo infatti che il dipinto fu acquistato da Luigi Lancellotti in un’asta parigina nel febbraio 1952, proveniente da una collezione privata francese. Il 24 giugno 1960 il Lancellotti scrisse a Longhi, inviandogli foto non professionali, per chiedergli un parere sulla sua versione dei “Bari” di Caravaggio. Il grande studioso rispose a stretto giro con una lettera di suo pugno scritta sulla carta intestata della rivista “Paragone”, da lui fondata e diretta. Premettendo che il suo giudizio si basava su immagini non professionali, Longhi così si esprimeva a proposito dell’opera: “(…) Circa i suoi “Bari” caravaggeschi … posso dirle che, se anche si trattasse di una copia antica, sarebbe fin qui la migliore da me vista (e ne conosco almeno una ventina)”. Di lì a poco Longhi ebbe modo di visionare personalmente la tela e nei mesi successivi Lancellotti e lo studioso si scambiarono ancora varie missive delle quali purtroppo ci resta solo un paio di quelle inviate dal proprietario del dipinto. Il recente intervento di pulitura ha restituito perfetta leggibilità alla tela (peraltro in eccellente stato di conservazione), permettendo di confermare appieno il parere più che lusinghiero espresso a suo tempo da Roberto Longhi. L’aderenza all’originale caravaggesco, con varianti pressoché impercettibili, la comprensione profonda dello stile del Caravaggio “in chiaro”, l’estrema finezza esecutiva, unitamente alle misure quasi identiche al dipinto del Kimbell Museum, spingono a ritenere che il nostro esemplare sia frutto di una conoscenza diretta del prototipo, se non addirittura (come suggerito da Pierluigi Carofano) da un “lucido guida” derivato da quello, e che la sua esecuzione sia da collocare nella stretta cerchia del maestro entro il primo decennio del XVII secolo.

Bibliografia:
Il giuoco al tempo di Caravaggio, cat. della mostra, a cura di P. Carofano, Montale, Villa Castello Smilea, 7 dicembre 2013 – 6 gennaio 2014.
Provenienza:
Collezione Jourdan – Rey, Francia;
Collezione Luigi Lancellotti, Milano (dal 1952);
Collezione privata, Emilia-Romagna.



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