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Lotto 62 - Asta 46

Tommaso Salini (Roma, 1575 ca. - 1625) o Maestro di Baranello (attivo in Molise nella prima metà del XVII secolo)
Apollo o Allegoria della Musica
Aggiudicazione:
65.000,00 EUR
Numero offerte:
7

Offerte

Stato lotto:
Asta chiusa

Descrizione

Tommaso Salini (Roma, 1575 ca. - 1625) o Maestro di Baranello (attivo in Molise nella prima metà del XVII secolo)

Apollo o Allegoria della Musica
Olio su tela, cm 132x100. Con cornice
In questo superbo nudo maschile seduto, fasciato solo da un ampio drappo serico, riconosciamo facilmente l’immagine di Apollo come musico ispirato, coronato di alloro, con la viola da braccio nella mano sinistra, l’archetto nella destra e ai piedi uno spartito musicale accartocciato. L’elegante e studiata composizione, accuratamente descrittiva, può essere considerata anche come un’efficace rappresentazione allegorica dell’arte della Musica. La posa plastica della figura sembra riecheggiare il celeberrimo marmo dell’Ares Ludovisi, capolavoro della statuaria romana che fu rinvenuto nei pressi di Palazzo Costaguti nel 1621-1622 (oggi al Museo Nazionale di Palazzo Altemps in Roma). Giusto questo riferimento, la data del ritrovamento si dovrebbe necessariamente intendere come terminus post quem per la datazione della nostra superba tela, d’accordo anche col suo stile. L’impianto solenne dell’immagine, infatti, evidenzia la raffinata cultura classica del suo autore, felicemente tradotta in energici contrasti chiaroscurali ed esasperazioni luministiche ancora memori dell’esempio di Caravaggio, ma non più completamente dipendenti da esso.
Il nostro dipinto vanta una storia attributiva piuttosto complessa, che ne fanno un tipico caso di quesito caravaggesco ancora relativamente aperto. L’opera fu pubblicato da Mina Gregori nel 1972 con un’attribuzione a Rutilio Manetti, interessante sebbene oggi appaia ad evidenza non del tutto centrata. In seguito la tela trovò spazio nella seconda edizione, curata da Luisa Vertova, del monumentale repertorio che Benedict Nicolson dedicò ai seguaci di Caravaggio, dove veniva avvicinato al non meno bello Amore vincitore del Museo del Castello di Praga. Tale indicazione attributiva fu condivisa dalla Markova e da Gianni Papi, ma quest’ultimo più di recente ha revocato in dubbio tale riferimento, in favore di un accostamento di entrambe le tele al corpus in via di definizione dell’ancora anonimo ‘Maestro di Baranello’ (cosiddetto a partire da un Ecce homo conservato nella chiesa di San Michele Arcangelo della cittadina molisana di Baranello). Un egregio pittore, stando al catalogo che Papi gli sta pazientemente cucendo addosso, verso il quale, secondo lo studioso, sarebbe da deviare un nucleo piuttosto consistente di opere che nel tempo erano finite più o meno congruamente entro il corpus saliniano (compresa la celebre e assai dibattuta tela dei Quattro Santi coronati del Museo di Roma).
Di fatto, a tutt’oggi la produzione di Tommaso Salini, detto Mao, si deve ritenere un cantiere filologico aperto e altamente problematico. Evitando in questa sede di prendere in considerazione la sua produzione di nature morte, copiosamente attestata dai documenti ma in realtà ancora oscura (sicuramente autografa può essere considerata solo una Natura Morta di ortaggi firmata sul retro “MAO fecit”), del Salini pittore di figura rimangono solo sparute testimonianze, a partire dall’Apoteosi di S. Nicola da Tolentino nell’omonima cappella della chiesa di S. Agostino in Roma. L’amico e biografo Giovanni Baglione ricorda inoltre, nelle sue Vite del 1642, un S. Lorenzo in S. Lorenzo in Lucina, oggi disperso, un Martirio di S. Cecilia sull’altare maggiore di S. Agnese in Agone, pubblicato da Federico Zeri nel 1955 (oggi ubicazione ignota), e infine uno stendardo per la chiesa oggi distrutta di S. Andrea in Vincis, conservato in collezione privata. A questo piccolo nucleo di opere pubbliche si possono aggiungere il S. Francesco donato dallo stesso Salini all’Accademia di S. Luca e ivi conservato, una S. Cecilia firmata e datata 1615, in collezione privata, e un S. Carlo Borromeo firmato e datato 1617, pure in collezione privata. La proposta di inserire all’interno del catalogo saliniano, su basi stilistiche piuttosto fragili, anche un gruppo di dipinti raffiguranti Giochi di fanciulli e Fanciulli con animali, ha trovato la critica assai divisa. Il catalogo del pittore appare, così, ancora in fieri e in effetti assai disomogeneo, sia qualitativamente sia stilisticamente.
Pur nella difficoltà di associare in via definitiva a un nome certo il nostro Apollo, resta che esso s’impone comunque per il suo impianto autenticamente monumentale, la sua cifra elegante e controllata, la resa luminosa e levigata dell’incarnato, il virtuosismo dei riflessi sul drappo e sul panneggio, la calibrata registrazione di luci e ombre caravaggesche su un impianto formale classico, che richiama da vicino la produzione di Giovanni Baglione e Orazio Riminaldi.

Bibliografia:
M. Gregori, Note su Orazio Riminaldi e i suoi rapporti con l’ambiente romano, “Paragone”, 269, 1972, p. 52, fig. 62; B.Nicholson, Caravaggism in Europe, Ed. by L. Vertova, Torino 1990, fig. 233; V. Markova, Alcune proposte per Tommaso Salini, in “Paragone”, XVII, 1989, p. 31, fig. 30; G. Papi, Un tema caravaggesco tra i quadri di figura di Tommaso Salini, “Paragone”, 12, 1989, p. 47; Id., Un nuovo S.Paolo di Valentin e alcune “anonime” aggiunte, in “Da Caravaggio ai caravaggeschi”, a cura di M. Calvesi e A. Zuccari, Roma 2009, p. 387 e nota 29.



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